Storia
Che gli italiani abbiano una grande passione al reducismo è un dato di fatto, soprattutto per chi a quell’evento che si vuol ricordare ha partecipato marginalmente; tanto poco affezionati prima quanto appassionati celebratori poi. Diverso è il caso per la più parte delle associazioni di ex alunni; nascono come occasione di reincontrare persone con le quali si è percorso un lungo tratto di strada insieme, a volte c’è anche qualche cosa di più. É questo il caso dell’Associazione Amici del Liceo Scientifico Lorenzo Respighi di Piacenza. E ben lo si capisce dal racconto che ne hanno fatto i fondatori vent’anni fa attraverso le pagine del primo volume della storia del liceo, quel “Il mio liceo” pubblicato nel 1994 e riedito nel 1995 , integrato poi nel 2015. Scrisse allora Alberto Dosi, raccogliendo i racconti “sul campo”: “Immaginatevi quattro ex compagni di classe seduti davanti a un piatto di fumanti tortelli in quella tipica trattoria affacciata sulla piazza di Rivergaro, meglio nota come “da Sugone” piuttosto che Caffè Grande. I discorsi sono quelli di quattro ex studenti diplomati quarant’anni prima, infarciti di “ti ricordi…”, “hai visto…”, “che fine ha fatto…” con qualche ritorno alla realtà per domandarsi come faranno quelle mani tonde e grassocce della signora Maria a creare quei tortelli così sottili e delicati.
Ma uno di loro, Libè, da tre anni ritornato nella sua Piacenza, avverte ancora quello spirito che lo ha unito agli altri ex-compagni sui banchi del Liceo e sente la necessità di fare qualcosa con loro; così, a tavola, con uno scambio di opinioni condivise degli altri tre (Conti, Albera e Gatti), l’idea si concretizza.
Quel nucleo storico uscì sazio ed appagato nell’umida sera di novembre del 1987, convinto che l’Associazione degli Amici del Liceo Scientifico sarebbe decollata. Ognuno si è impegnato a mettersi in contatto con altri studenti degli anni Quaranta, scelti come potenziali adepti per l’intensa gioia di vivere, il senso dell’amicizia e della lealtà che li accomunava.
E l’impegno diede i suoi frutti con un reclutamento a tappeto si ritrovarono nel maggio dell’anno successivo all’Hotel Roma 61 persone tra cui parecchi emigrati provenienti da Roma, Torino, Como, Milano, Parma, Bergamo e diverse ex docenti: i professori Aldo Tattoni, Ettore Picutti, Giovanni Casali e Giuseppe Fiori. Per molti di loro il concetto inversamente proporzionale era facilmente applicabile tra il numero dei capelli e la quantità di amicizia e solidarietà, ma tutti erano fermamente convinti che l’Associazione si doveva fare, non tanto come gruppo di persone molto ripiegarsi sui ricordi del passato in modo sterile e sclerotico, ma come forza vitale ed attiva”.
Da quello derivavano le finalità dell’Associazione stessa; racconta infatti Dosi: “Il dinamismo dell’Associazione è confermato dai principi-cardine che la contraddistinguono e che ne fanno qualcosa di diverso da altre organizzazioni analoghe. Uno degli scopi primari è quello di riaffermare e cementare lo spirito di amicizia, solidarietà e disponibilità tra gli ex-studenti; unitamente a ciò, tutti i soci devono fornire la propria esperienza scolastica e di lavoro a tutti quei giovani in procinto di terminare gli studi liceali di affrontare la vita universitaria.
Altrettanto importante e la promozione della cultura nella nostra città, con particolare riguardo a quella scientifica; ciò è realizzabile sia attraverso frequenti incontri di soci o ex-studenti con la comunità, sia divulgando l’esistenza di concittadini che si sono affermati al di fuori delle nostre mura, ed esprimendo a costoro l’affetto, il ricordo ed anche l’orgoglio di una città che non l’ha mai dimenticati.
L’immagine deve essere quella di un gruppo molto unito, saldamente collegato al mondo giovanile ed a quello del lavoro, sempre teso interpretare l’evoluzione di questa realtà”.
Un piano di lavoro che per un quarto di secolo è stato portato avanti dai fondatori, prima e da tutti glie ex che successivamente si sono succeduti alla guida dell’Associazione, o hanno partecipato alle sue attività.
Ma se i valori sono immutabili, in un quarto di secolo tanto è cambiato. Soprattutto in questo scorcio del XXI secolo che ha visto un’accelerazione nemmeno pensabile nell’ultimo decennio del XX. Anche l’Associazione si è adeguata e sta adeguandosi, ricercando nuove formule operative che meglio possano adattarsi alle esigenze delle generazioni più giovani la cui alternanza è sempre più rapida. Il vero bilancio di questo periodo non potrà quindi che arrivare tra un decennio, quando sarà possibile verificare appieno il risultato della capacità dell’Associazione di cogliere le nuove esigenze e di fornire risposte adeguate.Aldo